Buonasera, siamo presentarvi un quesito riguardo alla seguente situazione.
Descrizione del caso:
- Persona fisica, nazionalità italiana, con residenza in Italia e famiglia in Italia composta da moglie e figli;
- Il soggetto, In Italia, è titolare di una partita iva, forfetaria, per l’attività di lavoro autonomo di odontoiatra. L’attività svolta è poco attiva.
Il professionista dal 2022 ha contrattualizzato un rapporto di lavoro autonomo continuativo, da svolgersi in Inghilterra, per più di 180 giorni, presso una clinica inglese, soggetto passivo iva inglese. Il professionista non avrà rapporti con privati cittadini. Il professionista manterrà la famiglia in Italia. Il professionista non intende iscriversi all’AIRE. Il professionista rientrerà in Italia nei Weekend per passarli con la famiglia e dispone di una abitazione permanente in entrambi gli stati. Di conseguenza l’attività professionale in Italia diventerà irrilevante.
Soluzione da noi prospettata:
1) È giusto ritenere inutile l’iscrizione all’AIRE in quanto il professionista ha la famiglia ed altri interessi in Italia? (Ex. art 2 TUIR)
2) È giusto ritenere l’attività svolta in Inghilterra come attività a “base fissa”? (ex art 14 convenzione contro la doppia imposizione Italia-Inghilterra – L. 329 del 5-11-90)
3) È corretto aprire in Inghilterra una posizione del professionista (posizione iva) con tassazione del reddito in Inghilterra? (ex art 14 convenzione contro la doppia imposizione Italia-Inghilterra – L. 329 del 5-11-90).
4) Se è Corretta l’interpretazione sub 3) i redditi prodotti in Inghilterra devono poi essere tassati anche in Italia (ex art 2 TUIR) con riconoscimento del credito d’imposta per le imposta pagate in Inghilterra ex art 165 TUIR.