Per l’ispezione fatta nei confronti di chi vende da casa prodotti su internet non servono gravi indizi ma è sufficiente l’autorizzazione della Procura. In questi casi l’uso dell’immobile è promiscuo.
È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con l’ordinanza n. 20133 del 15 luglio 2021, ha respinto il ricorso del contribuente.
Secondo il contribuente l’autorizzazione ad accedere presso la sua abitazione doveva considerarsi nulla per violazione dell’art. 52 del dpr 633/1972 non essendo stati indicati i gravi indizi di violazioni fiscali di cui al secondo comma del predetto articolo.
Ad avviso della Cassazione, «gli incaricati dell'accertamento tributario, per accedere con finalità ispettive a locali dell'impresa, è di regola sufficiente che siano provvisti dell'autorizzazione rilasciata dal capo dell'ufficio finanziario, come previsto dall'art. 52, del d.P.R. n. 633 del 1972. Ai sensi del secondo comma del medesimo art. 52, invece, qualora l'amministrazione finanziaria intenda accedere “in locali diversi" dall'ufficio dell'impresa o dal luogo in cui si svolge l'attività produttiva, la disciplina legale richiede che gli incaricati dell'accertamento siano muniti dell'autorizzazione del P.M., la quale può essere concessa in forma legittima soltanto in presenza di gravi indizi di responsabilità del soggetto accertato.
L'accesso a locali dell'impresa che siano utilizzati anche come abitazione, invece, è regolata dalla seconda parte del primo comma dell'art. 52 del d.P.R. n. 633 del 1972, richiedendosi in questo caso, oltre l'autorizzazione del capo dell'ufficio finanziario, anche l'autorizzazione all'accesso del P.M., ma non prevedendo la disciplina legale la necessaria ricorrenza, e tantomeno l'indicazione, dei gravi indizi di responsabilità dell'accertato.
In altri termini ai fini dell'accesso degli impiegati dell'Amministrazione finanziaria (o della Guardia di finanza, nell'esercizio dei compiti di collaborazione con gli uffici finanziari ad essa demandati) a locali adibiti anche ad abitazione del contribuente ovvero esclusivamente ad abitazione, è subordinata alla presenza di gravi indizi di violazioni soltanto in quest'ultima ipotesi e non anche quando si tratti di locali ad uso promiscuo. Tale ultima destinazione ricorre non soltanto nell'ipotesi in cui i medesimi ambienti siano contestualmente utilizzati per la vita familiare e per l'attività professionale, ma ogni qual volta l'agevole possibilità di comunicazione interna consenta il trasferimento di documenti propri dell'attività commerciale nei locali abitativi (cfr., da ultimo Cass. 11779/2018 e 7723/2018).
Nel caso sottoposto all’esame della Corte, l'attività imprenditoriale era svolta esclusivamente nell'abitazione del contribuente, che attraverso il web effettuata in via professionale la vendita di oggetti. L’immobile era quindi utilizzato in via promiscua sia come abitazione che per l’attività imprenditoriale rendendo sufficiente l’autorizzazione del pm.