Legittimo per l’agente della riscossione produrre in appello i documenti che provano la notifica della cartella di pagamento; ciò a prescindere che siano «esaustivi» oppure no.
Lo ha stabilito la Cassazione che, con l’ordinanza n. 17921 del 23 giugno 2021, ha accolto il ricorso della società di riscossione ritenendo insufficiente, e ben al di sotto del minimo costituzionale, la motivazione resa dalla Ctr della Sicilia.
La Cassazione riprende la sentenza della Ctr laddove ritiene di prescindere dalla questione della ammissibilità o meno della tardiva produzione dei documenti. Sul punto non ci sono dubbi sulla legittimità della produzione, finanche ad opera di soggetto contumace in primo grado, come nella specie (cfr. Cass. 29568/2018). Infatti è orientamento consolidato quello secondo cui nel processo tributario sia ammessa la produzione di nuovi documenti in appello: unica condizione, secondo la giurisprudenza di legittimità, è che «tale attività processuale venga esercitata entro il termine previsto dall'articolo 32, comma 1 del Dlgs. n. 546/92, ossia fino a venti giorni liberi prima dell'udienza, con l'osservanza delle formalità di cui all'articolo 24, comma 1, dovendo, peraltro, tale termine ritenersi, anche in assenza di espressa previsione legislativa, di natura perentoria, e quindi previsto a pena di decadenza, rilevabile d'ufficio dal giudice (cfr. Cass. 14567/2021 e 29087/2018).
La pronuncia di appello è viziata soprattutto in punto di motivazione: l'asserto secondo cui l'esame della documentazione non ha consentito di poter esaustivamente verificare la ritualità e la regolarità della notifica delle cartelle, al di là della oggettiva incomprensibilità dell'avverbio “esaustivamente” - la produzione documentale a scopo probatorio o è idonea allo scopo o non lo è, non può esserlo (ma) non esaustivamente -, non spiega sotto quali siano i profili di irritualità e irregolarità presi in esame e per quali ragioni la documentazione de qua non ne consenta la verifica. La motivazione della sentenza impugnata, dice a chiare lettere la Cassazione, non rispetta il "minimo costituzionale" richiesto dall'art. 111 Cost.
La sentenza è stata cassata con rinvio della controversia sul preavviso di fermo amministrativo.