Il professionista accede al condono Irap di cui all’art. 7della legge 289/2002 anche se ha dichiarato solo un euro. L’indicazione di un valore inverosimile non è equiparabile all’omessa dichiarazione, con la conseguenza che l’amministrazione deve provvedere all’accertamento nei termini ordinari senza poter usufruire della proroga biennale per l’accertamento prevista dal successivo articolo 10.
Lo ha affermato la sezione tributaria della Cassazione con l’ordinanza 10668 del 22 aprile 2021 che ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle entrate.
La vicenda parte da un avviso di accertamento che l’Agenzia aveva notificato al professionista sostenendo che il contribuente aveva sostanzialmente omesso la presentazione della dichiarazione ai fini Irap, indicando come dovuto il valore puramente simbolico di un euro. Il professionista, che si era avvalso del condono, riteneva al contrario estinto ogni debito tributario.
L’Agenzia delle entrate gli ha contestato però che, essendo stata sostanzialmente omessa la dichiarazione Irap, non poteva accedere al condono, e scattava in conseguenza la proroga biennale ex lege dei termini di accertamento, altrimenti scaduti.
La commissione tributaria di primo grado ha condiviso l’impostazione seguita dall’Agenzia ma la ctr ha riformato la decisione. Il collegio di appello, in particolare, ha affermato che il professionista non doveva essere ricompreso tra coloro che avevano omesso la dichiarazione Irap, pur avendo indicato un valore irrisorio, e pertanto aveva diritto ad accedere al condono. In conseguenza l'amministrazione finanziaria non poteva fruire della proroga dei termini di verifica.
La vertenza è così giunta in Cassazione dove l’Agenzia delle entrate ha sostenuto che il contribuente, a fronte di una dichiarazione dei redditi da attività professionale superiore a 400 mila euro, aveva sostanzialmente omesso di presentare la dichiarazione Irap con la conseguenza che la definizione automatica delle pendenze tributarie non poteva ritenersi andata a buon fine e che l’amministrazione poteva usufruire del biennio supplementare per la verifica.
La Suprema corte, nel respingere il ricorso, ha ricordato che l’acceso al condono era precluso solo a chi aveva omesso la dichiarazione, cosa che nel caso in esame non era avvenuta, e che le disposizioni in tema di condono fiscale, essendo derogatorie rispetto a quelle ordinarie, integrano sistemi compiuti di natura eccezionale, insuscettibili di applicazione analogica. Ne consegue, ha concluso la Cassazione, che il ricorso dell’amministrazione deve essere rigettato in esecuzione del principio di diritto secondo cui “la dichiarazione infedele presentata dal contribuente ai fini Irap, anche quando indichi un valore non verosimile, non è equiparabile alla omessa dichiarazione, e pertanto non è di ostacolo all'accesso del contribuente al condono di cui alla art. 7 della legge n. 289 del 2002, con la conseguenza che l'amministrazione finanziaria deve provvedere, a pena di decadenza, alla notifica dell'avviso di accertamento del conseguimento di un maggior reddito ai fini Irap nei termini ordinari di cui all' art. 43 del Dpr n. 600 del 1973, non potendo avvalersi della proroga biennale dei termini di notifica di cui all'art. 10 della legge n. 289 del 2002, prevista per la diversa ipotesi in cui la dichiarazione sia stata omessa”.