I movimenti bancari sospetti sui quali si fonda l’accertamento non possono essere giustificati da una perizia stragiudiziale redatta da un consulente di parte del contribuente.
È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con l’ordinanza n. 27818 del 4 dicembre 2020, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate.
La vicenda riguardava due avvisi di accertamento emessi con l’utilizzo delle indagini finanziarie. Col proprio ricorso i contribuenti allegavano, tra l’altro, perizia giurata, al fine di ricostruire le singole movimentazioni oggetto di accertamento.
La Ctr Molise, accogliendo l’appello principale dei contribuenti, annullava gli avvisi impugnati ritenendo nel merito dirimente la perizia depositata che consentiva di ritenere superate le presunzioni di maggiori ricavi previste dalla legge.
Nell’accogliere il ricorso dell’Agenzia delle entrate i giudici hanno premesso che in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, il contribuente può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, dovendo in questo caso il giudice di merito «individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell'ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative (cfr. Cass. 11102/2017).
Quindi il compito di motivare, in questi casi, spetta senz’altro ai giudici di merito, tenuto alla rigorosa verifica dell'efficacia dimostrativa delle prove fornite a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, rifuggendo da qualsiasi valutazione di irragionevolezza ed inverosimiglianza dei risultati restituiti dal riscontro delle movimentazioni bancarie (cfr. Cass. 21800/2017).
Nel caso di specie la Ctr, nell’annullare gli accertamenti, non ha spiegato in modo specifico la capacità dimostrativa della perizia in relazione alle singole poste accertate come ricavi non dichiarati.
Tanto più che la perizia stragiudiziale non ha valore di prova nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato, ma solo di indizio, al pari di ogni documento proveniente da un terzo e non può, di conseguenza, essere considerata, da sola, elemento sufficiente a fornire spiegazioni delle singole operazioni bancarie contestate (cfr. Cass. 33503/2018).
La controversia è stata quindi rinviata alla Ctr Molise per un nuovo esame.