Quando l’azienda torna al proprietario alla scadenza del contratto d’affitto, le rimanenze non possono essere assoggettate a Iva, anche se le merci non risultano inserite nell’inventario. Le scorte di magazzino, infatti, restano in capo al concedente, il quale trasferisce al conduttore soltanto il diritto personale a utilizzare il bene produttivo rappresentato dall’impresa: deve dunque escludersi che sussista un autonomo atto di cessione delle rimanenze assoggettabile all’imposta sul valore aggiunto. Idem vale allora nella direzione inversa: il locatario non può retrocedere al locatore ciò che non è suo.
Lo ha stabilito la Cassazione con ordinanza 14864 del 13 luglio 2020 con cui ha accolto il ricorso di un contribuente.
Ribaltato dunque l’esito della Ctr Toscana che aveva fatto applicazione dell’art. 2561, comma 4 c.c. relativo alla regolazione in denaro delle differenze di patrimonio netto tra patrimonio iniziale e patrimonio finale al momento della restituzione dell’azienda, ritenendo che le merci, in quanto ricomprese tra gli elementi del patrimonio aziendale considerato ai fini del contratto di affitto, andavano assoggettate ad Iva anche al momento della retrocessione.
Nell’accogliere il ricorso del contribuente la Cassazione precisa che le rimanenze costituiscono - salvo diversa volontà negoziale delle parti e ove non considerate isolatamente rispetto alla loro destinazione funzionale - beni a servizio dell’impresa e, dunque, appartenenti a tutti gli effetti al complesso aziendale, sicché, in caso di affitto dell’azienda, esse permangono in capo al concedente, che cede all’affittuario soltanto il diritto personale di utilizzo del bene produttivo (azienda), dovendo, quindi, escludersi la ravvisabilità di un autonomo atto di cessione delle rimanenze assoggettabile ad Iva (cfr. Cass. 3415/2020 e 20443/2011).
La circostanza che vada regolata in denaro la differenza fra le consistenze d’inventario all’inizio e al termine della locazione è dettata dalla natura circolante dei beni ma non integra una fattispecie negoziale autonoma dalla concessione in godimento dell’azienda: se le scorte sono consumabili e risultano impiegate nel ciclo produttivo, l’equivalente in denaro (il tantundem) regolato alla fine del contratto è l’unico modo per consentire la gestione dell’impresa da parte del locatario, il quale deve poterne disporre nell’ambito dell’attività (un principio che risulta in linea con l’interpretazione della sesta direttiva europea in materia di imposta sul valore aggiunto secondo cui in caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito o sotto forma di conferimento a una società di una universalità totale o parziale di beni, gli Stati membri possono considerare l’operazione come non avvenuta e che il beneficiario continua la persona del cedente).