L’azienda che ha ricevuto un finanziamento pubblico può detrarre l’Iva sulle spese sostenute per la formazione dei dipendenti in somministrazione temporanea di lavoro.
Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 28338 del 5 novembre 2019, ha accolto il ricorso di un’Agenzia per il lavoro.
La vicenda riguarda un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate recuperava a tassazione la detrazione dell’Iva attinente l’attività di formazione del personale, ritenendola indebita.
In primo grado il ricorso veniva accolto con sentenza ribaltata dalla Ctr Campania.
In particolare secondo i giudici di appello la contribuente, in relazione alle operazioni presupposte, aveva ricevuto sovvenzioni ministeriali a fondo perduto che si risolvevano in mere cessioni di denaro escluse dal campo di applicazione dell’Iva.
Il verdetto veniva nuovamente ribaltato in Cassazione che accoglieva il ricorso della società.
La Cassazione richiama la pronuncia della Corte di Giustizia del 23 aprile 2009, causa C-74/08, secondo cui l’art. 17, nn. 2 e 6, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che, in caso di acquisto di beni sovvenzionato da fondi pubblici, consente di detrarre l’imposta sul valore aggiunto ad esso relativa solo fino a concorrenza della parte non sovvenzionata di tale acquisto.
A questa sentenza si è allineata la normativa italiana ammettendo la detraibilità sugli acquisti di beni e servizi afferenti a corsi di formazione, aggiornamento, riqualificazione e riconversione del personale, effettuati da organismi che percepiscono contributi pubblici, a condizione che i beni e servizi acquistati coi contributi siano utilizzati per l'effettuazione di operazioni imponibili o che danno diritto alla detrazione, ai sensi dell'art. 10, comma 2-ter, del d.l. n. 210 del 2015, conv. Con l. n. 21 del 2016.
Tale disposizione, come riconosciuto anche da Cass. 18631/2016, ha efficacia retroattiva in quanto norma d'interpretazione autentica, tenuto conto del chiaro tenore letterale del successivo comma 2 - quater, che fa salva la detrazione operata anteriormente all'entrata in vigore della l. n. 21 del 2016.