È tenuto a versare l’Irap il professionista che paga compensi molto elevati ai collaboratori esterni perché si presume che in realtà si avvalga dell’aiuto di colleghi.
Lo ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza n. 223 dell’8 gennaio con ci ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate.
Ribaltato dunque l’esito della Ctr Sicilia secondo cui non era un indice dell’esistenza di autonoma organizzazione il fatto che nell’anno accertato fossero stati corrisposti compensi a terzi per 47 mila euro.
La Cassazione accoglie il ricorso dell’Agenzia delle entrate pur riconoscendo l’esistenza di un orientamento per cui in tema di IRAP, l'elevato ammontare dei ricavi, dei compensi e delle spese, anche per beni strumentali, non integrano di per sé il presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione (cfr. Cass. 8728/2018).
Secondo i giudici di legittimità, nel caso di specie l’ammontare elevato dei compensi corrisposti a collaboratori esterni avrebbe dovuto indurre i giudici di merito ad un’analisi più dettagliata sul tipo di rapporto che legava il contribuente a tali collaboratori. Del resto, secondo un recente arresto della Cassazione, il presupposto dell'"autonoma organizzazione", richiesto dall'art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997, ricorre quando il professionista responsabile dell'organizzazione si avvalga, pur senza un formale rapporto di associazione, della collaborazione di un altro professionista (nella specie, del coniuge), stante il presumibile intento di giovarsi delle reciproche competenze, ovvero della sostituibilità nell'espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio (cfr. Cass. 1136/2017).
Sul punto si segnala una recentissima pronuncia conforme della Cassazione secondo cui è tenuto al versamento dell’imposta, il commercialista che affida in via continuativa a colleghi degli incarichi retribuiti come supporto alla sua attività (cfr. Cass. 15559/2018).
In senso parzialmente diverso, almeno quanto alla ripartizione dell’onere probatorio, si segnala Cass. 9431/2018. Secondo tale pronuncia non è tenuto al versamento dell’Irap il piccolo professionista che sostenga spese elevate per collaboratori esterni. Spetta all’amministrazione finanziaria, infatti, dimostrare l’apporto determinante delle prestazioni sulle attività dello studio.
Nel caso di specie era stato accolto il ricorso del contribuente: infatti i giudici d'appello avevano ritenuto determinante la presenza e l'ammontare dei compensi a terzi per prestazioni inerenti all'attività professionale del contribuente, senza un esame del concreto apporto di tali prestazioni all'effettivo svolgimento dell'attività del contribuente, senza cioè, verificare se il coinvolgimento di tali professionalità, fosse o meno estraneo al bagaglio professionale del contribuente (cfr. Cass. 1820/2017).