I professionisti possono conglobare nell'onorario anche le spese, per questo non c'è alcun onere per il contribuente di documentare ai fini fiscali l'effettività della spesa e la sua natura autonoma di costo.
Con questa motivazione la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 44 del 3 gennaio 2019, ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle entrate.
Confermata quindi la pronuncia della Ctr Puglia che, in riforma della pronuncia di primo grado, aveva dichiarato illegittimo il diniego di rimborso notificato ad un professionista per Irpef e addizionale regionale.
Col ricorso in Cassazione l’Agenzia delle entrate denunciava, tra l’altro, violazione dell’art. 19 del dpr 600/1973 e dell’art. 2697 c.c. in quanto la Ctr aveva ritenuto non necessaria la prova dell’effettivo sostenimento dei costi vista la loro forfettizzazione prevista per legge. Tale prova, secondo l’Agenzia, sarebbe stata necessaria per legittimare l’istanza di rimborso.
A tal fine si ricorda che ai sensi dell’art. 13, comma 2 della legge 143 del 1949 “Il professionista, per i lavori da liquidarsi a percentuale, ha facoltà di essere compensato a norma del presente articolo, ovvero, d'accordo col committente, di conglobare tutti i compensi accessori di cui agli artt. 4 e 6 in una cifra che non potrà superare il 60 per cento degli onorari a percentuale”
Nel rigettare il ricorso la Cassazione fa presente che la stessa Agenzia delle entrate riconosce che ai professionisti è consentito conglobare nell'onorario anche le spese necessarie per l'espletamento dell'incarico, entro i limiti previsti dall'art. 13 della legge n. 143 del 1949.
Di conseguenza non vi è alcun onere per il contribuente di documentare ai fini fiscali l'effettività della spesa e la sua natura autonoma di "costo". L'amministrazione finanziaria, in presenza di un'istanza di rimborso motivata con l'erroneità della determinazione dell'imposta per aver conglobato nell'imponibile anche i costi forfettizzati, è onerata di dimostrare l'insussistenza del diritto alla forfettizzazione, e non può limitarsi a negare il rimborso sulla base della pretesa mancata dimostrazione della natura delle spese, allorquando la legge sui professionisti espressamente consente la loro forfettizzazione e nel caso di specie il sostituto di imposta aveva pacificamente dimostrato l'avvenuto pagamento del relativo emolumento assoggettato a tassazione.
Al rigetto del ricorso è conseguita la condanna dell’Agenzia delle entrate alla refusione delle spese di lite.