Se il libero professionista, per svariate ragioni dovute alle specifiche discipline previdenziali di categoria, non sia iscritto alla cassa professionale di riferimento, benchè soggetto al versamento del contributo integrativo, è comunque obbligato all’iscrizione alla gestione separata per effetto della regola dell’universalizzazione delle tutele, in quanto la gestione separata, appunto, risponde ad una logica di copertura universale, soggettiva ed oggettiva, delle attività umane produttive di reddito. Lo afferma la cassazione, nella sentenza n. 32508 del 14 dicembre scorso.
Nel caso trattato dalla cassazione, sent. n. 32508, Sez. lav., del 14/12/2018, è emerso che un libero professionista (nel caso di specie trattasi di un dottore commercialista) iscritto all’albo professionale di competenza, ma non iscritto alla Cassa dei dottori commercialisti per non aver superato il limite minimo di reddito previsto per l’iscrizione, è tenuto comunque all’iscrizione alla Gestione separata presso l’Inps e al pagamento dei relativi contributi dovuti per l’anno 2005.
La suprema corte ha sostanzialmente ribaltato le decisioni di accoglimento del ricorso proposto dal professionista, pronunciate dal tribunale di Caltanissetta prima e dalla locale Corte di appello dopo (sent. n. 168/2016), avverso l’iscrizione d’ufficio effettuata dall’Inps nella Gestione separata, di cui all’art. 2, co. 26, L. 335/1995.
La sentenza in esame appare particolarmente interessante in quanto, prima di giungere alle conclusioni già più sopra sintetizzate, esamina con attenzione l’evoluzione della disciplina previdenziale nel nostro Paese, toccando punti d’interesse generale, investendo anche altre categorie professionali come gli avvocati, i praticanti avvocati, gli ingegneri e gli architetti, in quanto svolgono un’attività per la quale occorre l’iscrizione in albi o elenchi e per la quale esiste una cassa che gestisce l’assicurazione obbligatoria alla quale il professionista, pur non essendovi iscritto, versa obbligatoriamente il contributo integrativo. Individuiamo tre punti d’interesse nella sentenza citata.
Il D.lgs. 594/1994 ha attribuito autonomia organizzativa e contabile alle Casse professionali pur conservando immutato il carattere pubblicistico della copertura assicurativa previdenziale posto che detto compito è svolto direttamente dalla Stato. Nello scenario attuale l’obbligo contributivo costituisce un corollario proprio della rilevanza pubblicistica dell’inalterato fine previdenziale.
In tale contesto l’art. 2, co. 26, della L. 335/1995 ha introdotto un obbligo generale di copertura assicurativa rivolto a coloro che esercitano abitualmente o occasionalmente (entro il limite monetario indicato nell’art. 44, co. 2, DL 269/2003) attività per la quale è prevista l’iscrizione ad un albo o elenco, anche in presenza dello svolgimento di altra attività.
Sempre secondo la cassazione l’ambito applicativo della Gestione separata va oltre i limiti fissati in passato che coinvolgevano:
L’art. 1, co. 1, L. 335/1995, rappresenta la concretizzazione della volontà di estendere l’area della tutela assicurativa, diventando un principio dell’intera riforma.
L’obbligo d’iscrizione alla Gestione separata, così inteso, porta nel suo ambito anche i redditi prodotti dal libero professionista non incisi dalla Cassa di categoria, in quanto inferiori al reddito minimo ed anche se assoggettati al contributo integrativo in quanto, quest’ultimo, costituisce un versamento <<”sterile”, perché produttivo di alcuna prestazione per il soggetto tenuto al pagamento>>, tenendo ulteriormente conto che <<avrebbe una mera finalità solidaristica in senso lato>>.