In tema di reati tributari, i vertici aziendali rispondono in concorso per la frode fiscale. Infatti, anche il direttore generale rischia di essere condannato per l’uso o l’emissione di fatture false al pari del presidente del consiglio di amministrazione. È sufficiente che il manager sia titolare di poteri di gestione economici.
Lo ha stabilito la Cassazione con sentenza 55352 dell’11 dicembre con cui ha rigettato il ricorso proposto dai vertici di una spa condannati per il reato di dichiarazione fraudolente mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti di cui all’art. 2 del .lgs. 74/2000.
Col ricorso in Cassazione il ricorrente denunciava violazione del predetto articolo 2 nonché vizio di motivazione in ordine alla ritenuta qualità di amministratore di fatto avendo invece ricoperto unicamente il ruolo di direttore generale senza alcuna capacità decisionale autonoma se non esecutiva delle scelte degli amministratori.
Nel rigettare il ricorso la Cassazione ricorda il consolidato principio secondo cui l’amministratore di fatto di una società è equiparato alla figura dell’amministratore di diritto quanto ai doveri, sulla base della disciplina dettata dall’articolo 2639 del codice civile, ed è gravato dell’intera gamma degli obblighi cui è soggetto l’amministratore di diritto. Ne consegue che, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, egli assume la responsabilità penale e civile (compresa quella tributaria) per tutti i comportamenti rilevanti a lui addebitabili, anche nel caso di colpevole inerzia a fronte di tali condotte (cfr Cassazione, sentenza 11649/2012 e 33385/2012).
Ai fini della corretta individuazione dell'amministratore di fatto di una società è necessario l'accertamento del suo inserimento nella gestione dell'impresa, desumibile dalle direttive impartite e dal condizionamento delle scelte operative della società (cfr. Cass. 27163/2018, 41793/2016).
La prova della posizione di amministratore di fatto si traduce nell'accertamento di elementi sintomatici dell'inserimento organico del soggetto con funzioni direttive, in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell'attività della società, quali sono i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare, il quale costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta da congrua e logica motivazione (cfr. Cass. 8479/2016).
Nel caso di specie il ricorrente aveva già svolto il ruolo di Presidente del cda della società prima della commissione del fatto ed aveva continuato a svolgere le stesse mansioni anche da direttore generale. Tra l’altro la prassi dell’emissione e dell’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti era nata quando il ricorrente era amministratore e si era protratta successivamente quando, da direttore generale, continuò a seguire di persona i rapporti con la società emittente.