È legittimo l’accertamento fiscale per i versamenti sospetti sul conto cointestato tra il contribuente e il coniuge privo di redditi, a nulla rilevando l’adozione del regime patrimoniale della separazione dei beni.
È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con l’ordinanza 9220 del 6 aprile 2021, ha respinto il ricorso di un piccolo imprenditore.
La vicenda parte dall’atto impositivo scaturito da verifiche sul conto cointestato del piccolo imprenditore con la moglie per alcuni versamenti ingiustificati. Lui si era difeso sostenendo di essere in separazione dei beni con la donna.
La tesi non ha convinto la Ctp che ha confermato l’atto. Stessa sorte in secondo grado e ora in sede di legittimità.
Con il proprio ricorso in Cassazione il contribuente denunciava violazione di legge ritenendo insufficiente l’esistenza di un rapporto di coniugio per l’estensione delle indagini; in altri termini la Ctr avrebbe dovuto motivare in ordine alla riferibilità al marito delle operazioni sospette o, almeno, l’interposizione fittizia.
Nel rigettare il ricorso la Cassazione ha ricordato che in tema di imposte sui redditi, lo stretto rapporto familiare e la composizione ristretta del gruppo sociale è sufficiente a giustificare, salva la prova contraria, la riferibilità delle operazioni riscontrate sui conti correnti bancari di tali soggetti all'attività economica della società sottoposta a verifica, sicché in assenza di prova di attività economiche svolte dagli intestatari dei conti, idonee a giustificare i versamenti e i prelievi riscontrati, ed in presenza di un contestuale rapporto di collaborazione con la società, deve ritenersi soddisfatta la prova presuntiva a sostegno della pretesa fiscale, con spostamento dell'onere della prova contraria sul contribuente (cfr. Cass. 428/2015).
Nel caso di specie, tra l’altro, la Ctr ha fatto riferimento all’assenza di redditi del coniuge cointestatario per l’anno considerato.
Per i Supremi giudici, quanto al regime di separazione, che secondo il contribuente, sarebbe stata tralasciata dalla Ctr, la stessa è carente del requisito di decisività, non incidendo in alcun modo sul tema rappresentato dalla riferibilità o meno a lui delle somme esistenti sul conto corrente intestato alla moglie. Tale circostanza non sarebbe stata in grado di inficiare il giudizio dei giudici di merito, secondo una valutazione prognostica ex ante, attenendo a vicenda relativa ai rapporti patrimoniali fra i coniugi ma non alla riconducibilità, ai fini fiscali, delle movimentazioni del conto intestato a un soggetto diverso da quello che ne ha la reale disponibilità.
Spettava quindi al contribuente provare la sua estraneità ai quei versamenti.
Sulla possibilità di utilizzare i movimenti rinvenuti sui conti dei congiunti del contribuente si sta affermando ultimamente un indirizzo più garantista che esclude qualsiasi automatismo nei controlli. In base ad esso l’amministrazione finanziaria non può contestare i ricavi in nero del professionista per i movimenti sospetti sul conto bancario della moglie a meno che l’ufficio non abbia in mano gravi indizi che attestano la disponibilità di tale conto da parte del contribuente (cfr. Cass. 8000/2021 e 32974/2018).