Il coniuge che ha trasferito altrove la residenza non può richiedere anche per quell’immobile l’agevolazione Imu sulla casa in cui vive. Questo diritto è circoscritto solamente ai coniugi separati legalmente o di fatto, purché, in quest’ultimo caso, dimostrino per ciascun anno di imposta la frattura del rapporto di convivenza e la formazione di due autonomi nuclei familiari.
Lo ha sancito la sesta sezione civile della Cassazione con l’ordinanza 7238 del 15 marzo 2021 con cui ha rigettato il ricorso di un contribuente.
Il contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento per l’imposta comunale affermando di avere il diritto all’agevolazione prevista dal Dlgs 504/1992 art. 8 per la casa adibita ad abitazione principale. Stessa richiesta fatta dalla moglie per un’altra abitazione dove vive con la figlia. La corte distrettuale ha riconosciuto tale diritto soltanto alla donna e non a lui che aveva trasferito altrove la residenza.
La Ctr ha concluso che il processo riguarda la questione se due coniugi con residenze anagrafiche separate possano fruire entrambi della stessa agevolazione ritenendo che ciò non sia possibile poiché l'abitazione principale si identifica con il luogo di residenza del nucleo familiare.
La Cassazione ora ha confermato il verdetto sfavorevole al contribuente.
Secondo i giudici per fruire dell'agevolazione prevista dall’articolo 8 del Dlgs. 504/1992 per l'abitazione principale occorre che l’immobile costituisca non soltanto la residenza del contribuente ma anche la dimora abituale dello stesso e dei suoi familiari (cfr. Cass. 21873/2020).
La norma, chiaramente, non può essere utilizzata per avallare comportamenti elusivi, quale la fittizia assunzione della dimora o della residenza in altro luogo da parte di uno dei coniugi al fine di creare la possibilità per il medesimo nucleo familiare di godere due volte dei benefici per l’abitazione principale (cfr. Cass. 15439/2019 e 28534/2020).
La residenza familiare, fissata di comune accordo dai coniugi ai sensi dell’art. 144 Cc, è una soltanto, anche se entrambi i coniugi possono avere domicili diversi in relazione a specifiche esigenze, ad esempio di tipo lavorativo; tuttavia ciò che assume rilevanza per beneficiare della agevolazione non è la residenza dei singoli coniugi bensì quella della famiglia. L’unitarietà della residenza familiare viene meno a seguito di separazione legale tra i coniugi perché con essa cessa l’obbligo di convivenza di cui all'articolo 143 Cc.
Comunque il contribuente deve provare che anche senza un formale provvedimento di separazione legale c’è stata una separazione di fatto e quindi è venuto meno l'accordo che determina l’unitarietà della residenza familiare. Ciò comporta un disgregamento del nucleo familiare così che l'abitazione principale non potrà essere più identificata con la casa coniugale (cfr. Cass. 15439/2019).
Trattandosi, nel caso di separazione di fatti, di una situazione mutevole che può variare di anno in anno, non può essere invocato un giudicato favorevole relativo ad altra annualità. Solo la condizione di separazione legale, infatti, consente di presumere non solo la costituzione di due autonomi nuclei familiari e quindi di due abitazioni principali, ma anche la persistenza nel tempo di questa condizione, salvo che si provi la riconciliazione. Altrimenti il contribuente deve dare prova, anno per anno, della sussistenza e persistenza della separazione.
Il ricorso è stato pertanto respinto.