Commette reato di dichiarazione infedele chi compie la cessione di diritti d’autore, attraverso nft rappresentativi di opere d’arte, pagati in criptovalute in quanto si tratta di valori che hanno rilevanza reddituale; ciò a patto che l’ammontare convertito in moneta corrente superi le soglie di punibilità previste dalla legge per la dichiarazione infedele. È escluso, infatti, che il reddito prodotto attraverso la “cripto” non sia riconducibile alla nozione di denaro né di beni in natura e dunque esulerebbe dall’imponibile: la criptovaluta ha a sua volta un mercato in cui riceve una valutazione, stavolta espressa in moneta corrente e dunque ha una rilevanza economica che va dichiarata e sottoposta a tassazione. Al massimo si può contestare l’importo da dichiarare visto che il valore delle monete virtuali è molto volatile.
Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza 8269 del 28 febbraio 2025, con cui ha rigettato il ricorso di un imputato.