In tema di IVA, l'Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, ha l'onere di provare, non solo l'oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l'ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente. È errato dunque pretendere una prova diretta del coinvolgimento dei contribuenti nella frode essendo sufficiente anche elementi di natura presuntiva.
È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con ordinanza 4970 del 26 febbraio 2024, ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle entrate.