È legittimo il sequestro pro quota dell’appartamento tutto di proprietà dell’indagato per reati tributari: ne consegue un effetto che genera una comunione ordinaria su tale bene tra lo Stato e l'indagato, che è partecipante in misura pari al valore residuo di tale bene non sottoposto a confisca.
Lo ha precisato la Cassazione, con la sentenza 4366 dell’8 febbraio 2022, con cui ha accolto il ricorso della Procura.
Il Procuratore della Repubblica è ricorso in sede di legittimità contro la decisione del Tribunale di dissequestrare interamente i beni dell'indagato secondo il principio di proporzionalità tra il profitto del reato e il quantum sottoposto a vincolo reale.
La Cassazione ha accolto il ricorso. Infatti, al riguardo, ha ricordato che "il vincolo cautelare preordinato alla confisca è apposto su di un bene solo fino alla concorrenza del profitto del reato da sequestrare, cioè pro quota, rimanendo l'eventuale eccedenza di valore nella disponibilità dell'indagato: l'effetto che ne conseguirà, nel caso in cui venga disposta la confisca del bene non per l'intero ma solo per la quota del profitto da assoggettare a sequestro, sarà il sorgere di una comunione ordinaria su tale bene, tra lo Stato, e per l'esso l'Agenzia del Demanio, partecipante a tale comunione nella misura in cui è stata disposta la confisca, e l'indagato, partecipante in misura pari al valore residuo di tale bene non sottoposto a confisca, assoggettata alla disciplina generale sulla comunione ordinaria (artt. 1100 - 1116 Cc) e al cui eventuale scioglimento potrà procedersi secondo la disciplina dettata dall'art. 1111 Cc" (cfr. Cass. 25448/2020).
Nel caso esaminato, invece, il giudice distrettuale ha ordinato il dissequestro per intero degli immobili, escludendo la possibilità di un sequestro pro quota. E per questo, l’ordinanza impugnata è stata annullata e rinviata a nuovo giudizio.