Per la deducibilità della perdita su crediti non è necessario il preventivo infruttuoso esperimento dell’azione esecutiva.
Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza 1147 del 17 gennaio 2022, con cui ha accolto il ricorso di una srl.
La società ricorrente impugnava la sentenza della Ctr Campania che legittimava l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle entrate con cui era stata rettificata la dichiarazione ai fini Ires, Irap e Iva. In particolare la Ctr ha ritenuto che, al fine di poter dedurre perdite sui crediti, fosse necessario il previo esperimento infruttuoso dell’azione esecutiva.
La Cassazione ha ribaltato il verdetto della Ctr riconoscendo la deducibilità della perdita.
Nel caso di perdite su crediti non correlate all’assoggettamento del debitore a procedure concorsuali, è onere del contribuente che voglia portare in deduzione la perdita dimostrare - con ogni mezzo di prova - gli elementi certi e precisi che hanno dato luogo ad una perdita, la quale va rinvenuta quando il debitore non paga volontariamente e il credito non risulta attuabile coattivamente attraverso gli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione del creditore (cfr. Cass. 4567/2019 e 24012/2018).
Tuttavia, come non è necessario, al fine della deducibilità delle perdite sui crediti, che il creditore fornisca la prova di essersi positivamente attivato per conseguire una dichiarazione giudiziale dell’insolvenza del debitore e, quindi, l’assoggettamento di costui ad una procedura concorsuale (cfr. Cass. 4567/2019), del pari non può ritenersi presupposto per la deducibilità il previo infruttuoso esperimento di azioni esecutive, potendo la perdita risultare anche da altri elementi certi e precisi.
Di conseguenza, la Ctr ha così erroneamente escluso la deducibilità della perdita in ragione esclusivamente del mancato esercizio dell’azione esecutiva.