Non può essere assolto per speciale tenuità del fatto l’imprenditore che, dopo lo spirare del termine ultimo per il versamento, abbatte il debito Iva arrivando a superare di poco la soglia di punibilità.
È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 4266 del 3 febbraio 2021, ha respinto il ricorso del legale rappresentante di una srl.
L’uomo era stato accusato di aver omesso il versamento di 375 mila euro di Iva. Poi, dopo la scadenza aveva ridotto di molto il suo debito avvicinandosi alla soglia di 250 mila euro.
Per questo aveva chiesto l’applicazione dell’esimente della tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis c.p. avendo reso il debito Iva solo di poco superiore alla soglia di punibilità
La Cassazione ha rigettato la doglianza dell’uomo in quanto il versamento era tardivo.
Infatti, ha spiegato il Collegio di legittimità, al di là della genericità del motivo in quanto non era stato precisato l’ammontare dell’imposta tuttora dovuta,solo un modestissimo scostamento dal limite della soglia di punibilità potrebbe consentire di riscontrare la sussistenza della ipotesi di particolare tenuità del fatto (cfr. Cass. 16599/2020).
In ogni caso, la difesa dell’imprenditore ha valorizzato un fattore, l'abbattimento dell'importo dell’imposta evasa, che, per essersi verificato in un momento successivo al definitivo perfezionamento dell’ipotesi delittuosa omissiva ascritta al prevenuto, cioè l'inutile spirare del termine per il versamento dell'acconto Iva susseguente al periodo di imposta di cui alla contestazione, è del tutto irrilevante ai fini della qualificabilità o meno di un certo reato entro i confini della particolare tenuità ai sensi dell'art. 131 bis cod. pen.
Del resto, come ha stabilito anche Cass. 660/2020, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, non rileva il comportamento tenuto dall'agente "post delictum", atteso che la norma di cui all'art. 131-bis cod. pen. correla l'esiguità del disvalore ad una valutazione congiunta delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile, dell'entità del danno o del pericolo, da apprezzare in relazione ai soli profili di cui all'art. 133, comma primo, cod. pen.
La difesa non è riuscita a smontare l’impianto accusatorio neppure usando come grimaldello la crisi di liquidità. In proposito gli Ermellini ricordano infatti che la colpevolezza del contribuente non è esclusa dalla crisi di liquidità del debitore alla scadenza del termine fissato per il pagamento, a meno che non venga dimostrato che siano state adottate tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo e, nel caso in cui l'omesso versamento dipenda dal mancato incasso dell'Iva per altrui inadempimento, non siano provati i motivi che hanno determinato l'emissione della fattura antecedentemente alla ricezione del corrispettivo (cfr. Cass. 23796/2019).