Il documento è inutilizzabile in giudizio solo quando, in sede di ispezione, il contribuente si rifiuta di esibirlo con dolo. La mera omissione da parte del cittadino non è sufficiente.
Inoltre l’amministrazione finanziaria, ai sensi dell’art. 12, comma 7 della legge 212 del 2000, ha l’obbligo di valutare le osservazioni del contribuente mo non di esplicitare tali valutazioni all’interno dell’atto impositivo.
È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con l’ordinanza n. 3090 del 9 febbraio 2021, ha accolto il ricorso di una società.
Ribaltata sul punto la decisione della Ctr Lombardia che aveva considerato legittimo il recupero a tassazione dell’ammortamento di alcuni beni strumentali in quanto effettuato con coefficienti superiori a quelli massimo, alla luce del fatto che la società non aveva esibito in sede di verifica i documenti attestanti le modalità di utilizzo dei beni che giustificassero coefficienti più elevati.
I Supremi giudici, dando seguito alla tesi della difesa della società, hanno ricordato che in tema di accertamento, l'omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa determina l’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa solo ove l'amministrazione dimostri che vi era stata una puntuale richiesta degli stessi, accompagnata dall'avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza, e che il contribuente ne aveva rifiutato l’esibizione, dichiarando di non possederli, o comunque sottraendoli al controllo, con uno specifico comportamento doloso volto ad eludere la verifica.
In altri termini, perché la dichiarazione, resa dal contribuente nel corso di un accesso, di non possedere libri, registri, scritture e documenti compresi quelli la cui tenuta e conservazione non sia obbligatoria) richiestigli in esibizione determini la preclusione a che gli stessi possano essere presi in considerazione in suo favore ai fini dell'accertamento in sede amministrativa o contenziosa, occorre: la sua non veridicità o, più generale, il suo concretarsi - in quanto diretta ad impedire l'ispezione del documento - in un sostanziale rifiuto di esibizione, accertabile con qualunque mezzo di prova e anche attraverso presunzioni; la coscienza la volontà della dichiarazione stessa; il dolo, costituito dalla volontà del contribuente di impedire che, nel corso dell'accesso, possa essere effettuata l'ispezione del documento; pertanto, non integrano i presupposti applicativi della preclusione le dichiarazioni (il cui contenuto corrisponda al vero) dell'indisponibilità del documento, non solo se questa sia ascrivibile a caso fortuito o forza maggiore, ma anche imputabile a colpa, quale ad esempio la negligenza e imperizia nella custodia e conservazione (cfr. Cass. 27556/2009 e 10527/2017).
Rigettata invece la doglianza relativa alla mancata risposta dell’amministrazione alle osservazioni formulate dal contribuente al verbale di constatazione.
Sul punto è dirimente l’orientamento per cui all'obbligo dell'amministrazione finanziaria di "valutare" le osservazioni del contribuente (cui l'imposizione del termine dilatorio, questa sì a pena di nullità, è strumentale) non si aggiunge l'ulteriore obbligo di esplicitare detta valutazione nell'atto impositivo, a pena di nullità." Si tratta di una considerazione assai rilevante, posto che essa va coniugata con l'ulteriore affermazione secondo la quale in tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, è valido l'avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente della L. n. 212 del 2000, ex art. 12, comma 7, atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall'altro lato, l'Amministrazione ha l'obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell'atto impositivo" (Cass. n. 8378/2017, Cass. 20781/2016; Cass. 15616/2016).