Legittimo l’utilizzo dell’accertamento induttivo, purché basato su un’operazione matematica di calcolo dell’iva dovuta desunta dalle scritture contabili, per la verifica del superamento della soglia di punibilità in relazione al reato di omessa presentazione della dichiarazione Iva di cui all’art. 5 del d.lgs. 74/2000.
Lo ha ribadito la Cassazione con sentenza 43627 del 3 ottobre con cui ha confermato la condanna del legale rappresentante di una cooperativa, tra l’altro, per il reato di omessa presentazione della dichiarazione Iva.
Secondo la difesa la Corte d’appello aveva erroneamente fondato il giudizio di responsabilità dell’imputato su una presunzione rappresentata dagli importi determinati a seguito di accertamento induttivo e corroborati dalla testimonianza di un funzionario dell’Agenzia delle entrate. L’accertamento induttivo è quindi inidoneo a fondare un giudizio di colpevolezza in quanto basato su presunzioni cui il giudice penale non può attribuire valore probatorio dovendo effettuare un0autonoma valutazione in ordine al superamento della soglia di punibilità.
La Cassazione ha rigettato la tesi sostenuta dalla difesa che, a detta dei giudici, ha confuso l’accertamento induttivo con le presunzione tributarie. Corretta era stata quindi la tesi dell’accusa, avallata dalla Corte d’appello, laddove aveva analizzato i ricavi ed i costi effettuando un’operazione matematica di calcolo dell’Iva dovuta; in ciò sorretta dal fatto che il bilancio della società è un atto che proviene dallo stesso imputato e la cui validità e coerenza non è stata neanche contestata dalla difesa.
Anzi nel caso di specie è stata corretta la scelta di non avvalersi della forfetizzazione dei costi ma di considerare solo quelli documentati: come chiarito dalla Cassazione con la sentenza 43560 del 2 ottobre, la soglia di punibilità per l’omesso versamento Iva non può tener conto dei costi forfetariamente riconosciuti all’imprenditore e rilevanti semmai per Ires ed Irap. L’Iva è infatti un tributo diverso per il quale è possibile riconoscere solo la detrazione per costi documentati.
In tema di reati tributari è ormai pacifico che i giudici possano legittimamente utilizzare i verbali di constatazione della Guardia di Finanza, nonché ricorrere all’accertamento induttivo di cui all’art. 39 del D.P.R. n. 600 del 1973 ai fini della determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa (cfr. da ultimo Cass. 39228/2018). Per quanto concerne l’Iva, ai fini difensivi, per contrastare la tesi del superamento della soglia di punibilità, sarebbe bene documentare i costi di cui si chiede la detrazione, non essendo possibile in base agli ultimi arresti ricorrere a costi forfettari riconosciuti dall’amministrazione finanziaria in sede di accertamento tributario.