In tema di IVA, l'art. 19 bis, comma 1, lett i), del dpr n. 633 del 1972, esclude che l’imprenditore possa portare in detrazione l'imposta addebitatagli a titolo di rivalsa dal venditore quando l'operazione sia relativa a fabbricati a destinazione abitativa, salvo che per le imprese che hanno ad oggetto esclusivo o principale dell'attività esercitata la costruzione dei predetti fabbricati, sicché, ove l'operazione non rientri nell'oggetto esclusivo o principale dell'attività, il compratore dovrà dimostrarne l'inerenza e la strumentalità in base a elementi oggettivi e in concreto, secondo la generale previsione di cui all'art. 19 del dpr n. 633 del 1972.
Inoltre l’esercizio della detrazione dell'imposta sul valore aggiunto addebitata al cessionario a titolo di rivalsa dal cedente in relazione ad acquisto effettuato nell'esercizio dell'impresa, richiede, oltre alla qualità d'imprenditore del cessionario, l'inerenza del bene acquistato all'attività imprenditoriale, intesa come strumentalità del bene stesso rispetto a detta specifica attività, ed inoltre, non introducendo una deroga ai comuni criteri in tema di onere della prova, lascia la dimostrazione di detta inerenza o strumentalità a carico dell'interessato, le quali non possono presumersi in funzione della qualità di società commerciale del cessionario.
Lo ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza n. 26436 dell’8 novembre 2017 con cui ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate, ribaltando l’esito della Ctr Lazio.