Per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l'esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347.
Lo ha ribadito la Corte di cassazione con la sentenza n. 12321 del 17 maggio con cui ha accolto sul punto la doglianza di alcuni contribuenti, rigettandone però il ricorso per inammissibilità dell’atto di appello per violazione, da parte della Ctr, del disposto di cui all’art. 52, comma 2 del D.lgs 546 del 1992, applicabile ratione temporis (prima della sua soppressione ad opera del d. lgs. 175/2014) ai sensi del quale “ove il ricorso non sia notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, l'appellante deve, a pena d'inammissibilità, depositare copia dell'appello presso l'Ufficio di segreteria della commissione tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata”.