Un nuovo modello di dialogo che ha alla base l’ascolto reciproco e permanente tra Consiglio nazionale, Governo e Parlamento. Nasce da questa impostazione il primo incontro tra i vertici della categoria e la politica, svoltosi oggi a Roma. Come spiegato dal presidente del Consiglio nazionale, Elbano de Nuccio, l’obiettivo è quello di “essere al fianco della politica non semplicemente con una funzione postuma per valutare norme già realizzate. Quello che vogliamo fare, e che stiamo già facendo, è partecipare, con un cambio di paradigma, alla formazione delle norme all’interno delle istituzioni. Come hanno dichiarato oggi sia dal Viceministro alla Giustizia Sisto, sia il viceministro all’economia Leo, le norme le stiamo già scrivendo insieme”. Principale esempio di questa collaborazione è il lavoro sulla legge delega fiscale alla cui stesura, ha affermato de Nuccio, “stiamo collaborando attivamente con il ministero”.
L’incontro romano è stata anche l’occasione per consegnare agli esponenti politici presenti un corposo documento di proposte su diversi ambiti tematici, “emblematico dell’approccio organico ai diversi dossier che il Consiglio nazionale porta avanti. Il lavoro di interazione costante e concomitante sia col Mef che col ministero della Giustizia ha un’unica visione, che punta a garantire la tenuta del sistema economico nazionale e a ritagliare ruolo e funzione a noi commercialisti, non come soggetti terzi ma come parte integrante del sistema pubblico”.
Otto le macroaree di interesse su cui si focalizza il documento: si va dal sistema tributario ai beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata; dalla crisi d’impresa e procedure concorsuali all’ ADR; dalla riforma dell’ordinamento professionale alle tariffe e alla libera concorrenza; dall’antiriciclaggio ai sistemi di controllo e revisione legale per finire con lavoro, previdenza e assistenza sociale. A queste si aggiunge anche il Terzo settore, sul quale si è soffermato nel suo intervento il vicepresidente Michele de Tavonatti, sottolineando l’impegno massiccio del Consiglio in questo ambito, un altro terreno sul quale, ha affermato, l’interlocuzione con l’esecutivo è costante.
LE PROPOSTE IN AMBITO FISCALE
Ampio spazio, nel corso dell’incontro, è stato riservato alle proposte dei commercialisti in ambito fiscale, a partire da quella di uno stop nei mesi di giugno, luglio e agosto di ciascun anno agli invii da parte dell’Agenzia delle Entrate e dell’Agenzia Entrate-Riscossione delle richieste derivanti da controllo formale ed automatizzato, dei cosiddetti inviti alla compliance e, in generale, di tutti gli atti di riscossione per i quali non sussistono problematiche di decadenza. Il tesoriere del Consiglio nazionale, Salvatore Regalbuto, ha spiegato anche che i commercialisti immaginano una riforma complessiva dell’Irpef, da realizzare rivedendo l’attuale curva di tassazione e privilegiando il lavoro, “andando ulteriormente a sgravare i redditi medi (da 15.000 a 50.000 euro)” ed equiparando le soglie di imposizione fiscale tra occupazione dipendente e autonoma. Per i commercialisti sono poi “maturi” i tempi per “un definitivo superamento dell’Irap”, un tributo che, “fin dalla sua introduzione nel 1998, è stato oggetto di aspre critiche, in quanto colpisce una base imponibile anomala che, tassando costo del lavoro e oneri finanziari, genera, in taluni casi, prelievi anche per entità economiche in perdita”. Positiva, poi, per i commercialisti, la riduzione della percentuale di detrazione del Superbonus dal 110% al 90%, ma “appare necessaria una sua stabilizzazione nel tempo, in modo da poter consentire di programmare, in un quadro di stabilità, interventi che, mediamente, sono di ingente importo”. Tra le altre idee sottoposte alla politica, interventi sulla “eccessiva gravosità delle sanzioni” in ambito tributario, e altri per “sfoltire i micro-tributi, che generano adempimenti e burocrazia che non trovano giustificazione nel gettito erariale conseguente”, tra cui “alcune declinazioni dell’imposta di bollo (in particolare a quella da 2 euro sulle quietanze, o a quella da 16 euro dovuta su alcuni contratti o atti amministrativi)”, che i commercialisti definiscono “veri e propri balzelli di estrazione medioevale”.