Rientra nei poteri dell'Amministrazione finanziaria la valutazione di congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni dei redditi, anche se non ricorrono irregolarità nella tenuta delle scritture contabili o vizi negli atti giuridici d'impresa. Nel caso specifico, la deducibilità dei compensi degli amministratori di società, stabilita dall'art. 95, comma 5, del T.U.I.R., nonostante l'ivi espunto riferimento normativo a limiti quantitativi particolari per gli amministratori-soci, non implica che l'Amministrazione finanziaria sia priva di sindacato, restando quest'ultima legittimata a negare la deducibilità parziale di un costo ritenuto sproporzionato ai ricavi o all'oggetto dell'impresa e rispetto al quale la società non fornisca plausibili ragioni, capaci di giustificarne l'ammontare.
Inoltre, ai sensi dell'art. 62, comma 3, richiamato dal successivo art. 95, comma 1, vigenti "ratione temporis", ed oggi dell'art. 95, comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986, i compensi spettanti agli amministratori delle società di capitali sono deducibili nell'anno di esercizio in cui sono corrisposti e non in quello in cui sono deliberati dall'assemblea ex art. 2389 c.c., non potendo rimettersi all'arbitrio del contribuente la scelta del periodo d'imposta più vantaggioso per operare le deduzioni.
Con queste motivazioni la Cassazione con ordinanza 31607 del 6 dicembre ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate. Confermato dunque l’orientamento pro fisco (cfr. in senso conforme Cass. 24379/2016, 9036/2013 e, in ordine alla deduzione per cassa cfr. Cass. 23763/2015, 21953/2015, 3578/2015, 24957/2010)
L’Agenzia aveva denunciato violazione degli articoli 95 e 109 d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, in quanto la Ctr aveva affermato l'irrilevanza della circostanza che i «compensi non fossero stati materialmente erogati» mediante applicazione del «principio di competenza» e l'insindacabilità di tali costi da parte dell'Agenzia delle Entrate essendo stata privata l'Amministrazione, con il nuovo tuir del potere di ricondurre ai prezzi di mercato previsti per gli amministratori (o i procuratori) non soci i compensi sproporzionati.
Sul punto si ricorda che ai fini Ires, l'art. 95 comma 5 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (T.U.I.R.), recita: «I compensi spettanti agli amministratori delle società ed enti di cui all'art. 73, comma 1, sono deducibili nell'esercizio in cui sono corrisposti».
Le norme che regolano la deducibilità dei costi in questione non si rifanno, quindi, al generale principio di competenza ma seguono il cosiddetto criterio di cassa.
Più precisamente, i compensi erogati dalla società ai propri amministratori sono deducibili nell'esercizio in cui avviene il pagamento, regola quest'ultima che garantisce, tra l'altro, la simmetria temporale tra deduzione in capo all’erogante e tassazione del percettore.