E’ valido l'accertamento anche se i documenti vengono prelevati durante l'ispezione senza il consenso del contribuente.
Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con l'ordinanza n. 29132 del 13 novembre 2018, ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle entrate
Secondo la Ctr era da ritenersi illegittimo l'asporto dai locali dell'impresa di documentazione contabile senza consenso della parte alla sua disamina presso l'Ufficio.
Ribaltato il verdetto da parte della Cassazione secondo cui l'acquisizione irrituale di elementi rilevanti ai fini dell'accertamento fiscale non comporta la inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso. Pertanto, gli organi di controllo possono utilizzare tutti i documenti dei quali siano venuti in possesso, salva solo l'ipotesi –nel caso di specie ricorrente- in cui venga in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale, come l'inviolabilità della libertà personale o del domicilio (cfr. Cass. 4066/2015).
Per concludere, quindi, non esiste nell'ordinamento tributario un principio generale di inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite; tale principio va comunque contemperato con la violazione di specifiche disposizioni tributarie (quali l’art. 33 del dpr 600/1973 e 52 del dpr 633/1972) che sono espressione del principio dell’inviolabilità del domicilio sancita dall’art. 14 della Costituzione (cfr. da ultimo Cass. 13711/2018 in tema di accesso a locali adibiti anche solo in parte ad abitazione effettuato senza autorizzazione della Procura). In quest’ultimo caso l’avviso di accertamento impugnato è stato annullato.