La norma secondo cui l’emissione delle note di variazione e, quindi, il recupero dell’IVA, deve essere effettuato alla conclusione delle procedure concorsuali, e non alla data della loro apertura va incontro ad una probabile bocciatura da parte dell’Avvocatura UE.
L’Avvocato Generale UE nella causa C-246/16, dell’8 giugno 2017: ritiene che la disposizione italiana secondo la quale il recupero dell’IVA, in caso di mancato pagamento dei corrispettivi dovuti, deve essere effettuato alla conclusione della procedura concorsuale contrasta con le previsioni comunitarie.
Secondo l’Avvocatura UE il principio di proporzionalità, il quale fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, esige, in relazione all’azione statale, che una misura restrittiva sia «idonea all’obiettivo da essa perseguito, necessaria e proporzionata.. Ebbene, la riscossione dell’imposta presso l’imprenditore prima dell’incasso del corrispettivo non è necessaria per conseguire l’obiettivo sancito dal legislatore. Quest’ultimo consiste nel tassare il consumatore qualora questi sia destinatario di una cessione o di un’altra prestazione a titolo oneroso (articolo 2, paragrafo 1, della direttiva IVA). La misura meno incisiva, più semplice e parimenti efficace a tal fine è la tassazione dei corrispettivi di volta in volta effettivamente incassati.
Il principio di proporzionalità impone inoltre che a un’impresa, quale «collettore d’imposta operante per conto dello Stato», non possa essere richiesto più di quanto essa può effettivamente prestare. La sua capacità (finanziaria) è tuttavia limitata – nel caso di un’imposta indiretta sui consumi –, in linea di principio, a quanto la stessa ha potuto riscuotere dall’effettivo debitore d’imposta. Essa è tenuta ad anticipare tutto ciò che non ha potuto raccogliere attingendo al proprio patrimonio. L’IVA non mira tuttavia a tassare il patrimonio del soggetto passivo.
Pertanto, ad avviso dell’Avvocato UE, è necessario che il debito d’imposta si basi, nel caso di un’imposta indiretta, sul ricevimento di tale importo da parte del prestatore, in quanto solo al ricevimento il prestatore è anche oggettivamente in grado di adempiere il proprio debito d’imposta e di versare l’IVA (ricevuta). Una tassazione sulla base del mero corrispettivo pattuito (cosiddetto principio della tassazione nominale) ne è ben lontana e, in assenza della disposizione di cui all’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, sarebbe sproporzionata.
Anche per questo motivo l’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA deve essere necessariamente interpretato restrittivamente. È vero che gli Stati membri possono prescindere dalla rettifica immediata prevista all’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA in caso di non pagamento totale o parziale. Essi possono tuttavia farlo, solo in un modo proporzionato, il quale tenga conto del carattere di imposta sui consumi dell’IVA, del principio di neutralità e dei diritti fondamentali dell’impresa.