Rinviata alla Corte di giustizia dell’Unione europea la questione dell’applicabilità o meno del consolidato nazionale anche se la società controllante non è residente in Italia e non ha esercitato l’opzione per la tassazione di gruppo, in quanto vietata. Violerebbe la normativa sulla libertà di stabilimento l’impossibilità di dedurre integralmente gli interessi passivi nelle operazioni infragruppo.
È quanto emerge dall’ordinanza interlocutoria 24344 del 10 settembre 2024 con cui la Cassazione ha sollevato questione pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, per valutare la compatibilità con gli articoli 49 e 54 del Tfue degli articoli 117, commi 1 e 2 e dell’articolo 96, comma 5-bis del dpr 917/1986, nel testo vigente ratione temporis, nella parte in cui escludono la possibilità di applicare la disciplina del consolidato nazionale, quando la società controllante non è residente in Italia, e non ha potuto effettuare un’esplicita opzione per la tassazione di gruppo, e, di conseguenza, di poter beneficiare degli effetti di tale consolidato, con particolare riferimento alla deducibilità integrale degli interessi passivi nell’ambito di un consolidato fiscale.