Illegittima la condanna per il reato di omesso versamento Iva e la confisca di denaro del legale rappresentante della società. E ciò perché la Corte d’appello non va fino in fondo nell’accertare se sia davvero la crisi finanziaria a impedire all’imprenditore di pagare l’imposta. È vero, il fatto che i clienti non paghino l’azienda fornitrice di per sé non esclude il dolo richiesto dall’articolo 10 ter del decreto legislativo 74/2000: rientra nell’ordinario rischio d’impresa, a patto che gli insoluti restino entro una percentuale fisiologica, ma il discorso cambia se risultano molto rilevanti, ad esempio sopra il 40 per cento del fatturato. Né si può ignorare la condotta dell’imprenditore se ricorre a prestiti delle banche, con fideiussioni in proprio, per frenare gli insoluti.
È quanto emerge dalla sentenza 19651 del 19 maggio 2022 con cui la Cassazione ha accolto il ricorso del legale rappresentante di una società.