E' illegittimo l’accertamento fondato su un approfondimento dei dati raccolti dalla GdF in occasione del primo atto impositivo relativo alla stessa annualità. Solo nuove prove giustificano un’ulteriore notifica da parte dell’Agenzia delle entrate. Nel caso di specie si trattava di un’ulteriore fattura emessa da una società cartiera che gli organi ispettivi avrebbero potuto acquisire e considerare sin dal primo accertamento.
Lo ha stabilito la Cassazione con ordinanza 26191 del 18 ottobre con cui ha accolto il ricorso presentato dal fallimento di una spa annullando un secondo avviso di accertamento emesso per la stessa annualità (2003) nei confronti della contribuente.
In particolare la contribuente denunciava violazione degli articoli 43 Dpr 600/1973 ed art. 57 Dpr 633/1972 in quanto la Ctr Campania non aveva considerato che l’avviso di accertamento impugnato non si riferiva a nuovi elementi bensì agli stessi che erano stati alla base di un precedente avviso di accertamento.
Nel decidere la controversia la Cassazione ricorda il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui
il che evidentemente non ricorre in presenza di diversa, o più approfondita, valutazione del "materiale probatorio" già acquisito dall'ufficio, dovendosi ritenere che con l'emissione dell'avviso di rettifica l'amministrazione consuma il proprio potere di accertamento in relazione agli elementi posti a sua disposizione. I nuovi elementi, venuti a conoscenza dell'ufficio dopo la notifica dell'accertamento, devono essere adeguatamente portati a conoscenza del destinatario attraverso la motivazione del nuovo atto, ed il richiamo ad essi non può essere del tutto generico, ma deve contenerne una descrizione, sia pur sintetica, al fine di consentire al contribuente un'adeguata difesa (cfr. Cass. 10526/2006).
In applicazione di tale principio è stato ad esempio ritenuto legittimo
Nel caso di cui alla sentenza in commento era pacifico che il secondo avviso di accertamento (ovvero quello impugnato) era stato emesso sulla base degli stessi elementi già oggetto del primo atto impositivo ma con riferimento ad una ulteriore fattura emessa dalla società cartiera e riconosciuta come inesistente. Sul punto, precisano i giudici di legittimità, si deve presumere in mancanza di prova contraria da parte dell’ufficio, che in occasione del primo atto gli organi ispettivi abbiano acquisito, o comunque potuto acquisire, tutte le fatture emessa dalla società cartiera relativa all’anno oggetto di controllo.
Di conseguenza, la circostanza che il secondo atto riguardi una singola fattura, non indicata nel primo avviso di accertamento, non rappresenta elemento sufficiente a giustificare il ricorso all’accertamento integrativo.