Il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche cui all'art. 640-bis cod. pen. appare configurabile pure se la formazione e l'utilizzazione delle false fatture sia funzionale ad eludere i controlli sull'impiego del finanziamento pubblico ricevuto ed al fine di trattenerlo. Infatti, l'illegale ritenzione di quanto precedentemente ottenuto, da un lato, costituisce esattamente il risultato prodotto dagli artifici, ossia dal ricorso al mendacio documentale, e, dall'altro, integra un ingiusto profitto con danno dell'ente pubblico erogante, in quanto viola il diritto di quest'ultimo a ritornare nella disponibilità delle somme versate, producendo un indebito vantaggio per chi trattiene le stesse senza averne titolo giuridico.
Le false fatture, anche se poste in essere ed utilizzate dopo la ricezione del finanziamento, rappresentano l'artificio finalizzato a realizzare l'ingiusto profitto, ovvero il conseguimento di un finanziamento pubblico: la documentazione mendace si pone, infatti, come il presupposto sia per ottenere le somme ancora non corrisposte, sia per trattenere il denaro già percepito.
Lo ha stabilito la Cassazione con sentenza 37601 del 2 agosto scorso con cui ha rigettato la doglianza di un imputato avverso l’ordinanza del Tribunale di Messina che confermava il decreto di sequestro preventivo per equivalente emesso dal Gip del Tribunale di Patti.