L'essenza del fenomeno dell'incertezza normativa oggettiva si può rilevare attraverso una serie di fatti indice, che spetta al giudice accertare e valutare nel loro valore indicativo, e che sono stati individuati a titolo di esempio e, quindi, non esaustivamente in dieci regole fondamentale: la prima, la difficoltà d'individuazione delle disposizioni normative, dovuta magari al difetto di esplicite previsioni di legge (è senz’latro il caso più diffuso e più facile per il contribuente da provare); la seconda, la difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; la terza, la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; la quarta, la mancanza di informazioni amministrative o nella loro contraddittorietà; la quinta, la mancanza di una prassi amministrativa o nell'adozione di prassi amministrative contrastanti; la sesta, la mancanza di precedenti giurisprudenziali; la settima, la formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, magari accompagnati dalla sollecitazione, da parte dei giudici comuni, di un intervento chiarificatore della Corte costituzionale; l’ottava, il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; la nona, il contrasto tra opinioni dottrinali; la decima, l'adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente.
Queste importanti puntualizzazioni sono arrivate dalla Cassazione che, con sentenza 18405 del 12 luglio, ha accolto parzialmente il ricorso presentato da una società dichiarando non dovute le sanzioni inflitte con un avviso di accertamento per maggiori Ires ed Irap a causa di un errato calcolo delle rimanenze.