In materia di società di comodo, i parametri previsti dall’art. 30 della legge n. 724 del 1994, nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 35 del DL n. 223 del 2006, conv. nella legge n. 248 del 2006, sono fondati sulla correlazione tra il valore di determinati beni patrimoniali ed un livello minimo di ricavi e proventi, il cui mancato raggiungimento costituisce elemento sintomatico della natura non operativa della società, spettando, poi, al contribuente fornire la prova contraria e dimostrare l’esistenza di situazioni oggettive e straordinarie, specifiche ed indipendenti dalla sua volontà, che abbiano impedito il raggiungimento della soglia di operatività e di reddito minimo presunto.
Nonostante la forte crisi del settore, il fisco può classificare un’azienda come società di comodo qualora non raggiunga reddito e soglia di operatività sufficienti.
In questi termini si è espressa la Cassazione con l’ordinanza n. 26728 del 13 novembre in accoglimento del ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, confermando un orientamento della giurisprudenza sia di legittimità (cfr. Cass. 8218/2017) che di merito (cfr. ex multis Commissione tributaria di II grado di Trento con la sentenza n. 51/2/15 e Ctr Lazio n. 967/28/2014).