In tema di accertamento da indagini finanziarie, l’utilizzo delle movimentazioni acquisite presso gli istituti di credito non è subordinato alla prova che il contribuente eserciti attività d'impresa o di lavoro autonomo, atteso che, ove non sia contestata la legittimità dell'acquisizione dei dati risultanti dai conti correnti bancari, i medesimi possono essere utilizzati sia per dimostrare l'esistenza di un'eventuale attività occulta (impresa, arte o professione), sia per quantificare il reddito da essa ricavato, incombendo al contribuente l'onere di provare che i movimenti bancari che non trovano giustificazione sulla base delle sue dichiarazioni non sono fiscalmente rilevanti.
Inoltre, nel caso di contestazione di svolgimento di attività di lavoro autonomo, deve essere annullata la parte dell’accertamento fondata sui prelevamenti: ciò a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014 secondo cui sarebbe venuta meno l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza n. 14395 del 9 giugno con cui ha accolto parzialmente il ricorso di un contribuente e confermato la legittimità dell’avviso di accertamento in relazione ai soli versamenti su conto corrente non giustificati.