In tema di accertamento delle imposte ed in presenza di una contabilità regolarmente tenuta, l'accertamento dei maggiori ricavi d'impresa può essere affidato alla considerazione della difformità della percentuale di ricarico applicata dal contribuente rispetto a quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza soltanto se essa raggiunga livelli di abnormità ed irragionevolezza tali da privare, appunto, la documentazione contabile di ogni attendibilità; diversamente, siffatta difformità rimane sul piano del mero indizio, ove si consideri che gli indici elaborati per un determinato settore merceologico, pur basati su criteri statistici, non integrano un fatto noto e certo e non sono idonei, da soli, ad integrare una prova per presunzioni.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 13054 del 24 maggio con cui ha accolto il ricorso di una contribuente a cui era stato notificato un avviso di accertamento con rideterminazione induttiva dei ricavi ai sensi dell'art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. 600/1973, mediante applicazione, sul costo del venduto, della percentuale di ricarico media propria del settore e dell'ambito territoriale di competenza, pari al 162%, in luogo di quella del 133% applicata dalla contribuente.