Il termine dilatorio di giorni novanta, concesso al contribuente per presentare la dichiarazione dei redditi successivamente alla scadenza del termine ordinario (art. 5, comma secondo, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74), non si configura quale elemento di una causa di non punibilità, ma costituisce un termine ulteriore per adempiere all'obbligo dichiarativo, e per individuare il momento consumativo del reato, ma non scrimina chi alla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione era tenuto a presentare la dichiarazione, eventualmente anche in concorso con il nuovo amministratore obbligato nei 90 giorni di proroga.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza n. 19196 del 21 aprile scorso con cui ha rigettato il ricorso di un imputato.