In base al principio di capacità contributiva previsto dall’art. 53 della Costituzione, qualsiasi contribuente ha sempre la possibilità di integrare a suo favore l’ultima dichiarazione emendabile, con la finalità di rideterminare (e recuperare se già versate) le imposte in precedenza dichiarate in eccesso, ovvero di far valere un maggior credito d’imposta o una maggiore perdita fiscale.
In ossequio a tale principio, l'Associazione italiana Dottori commercialisti (AIDC) ritiene che si possa estendere l’utilizzabilità della “dichiarazione integrativa”, nei termini previsti dall’art.2 del DPR 322/1998 e con le modalità operative indicate dalla CM 31/2013:
In pratica, secondo l’AIDC, il diritto riconosciuto dalle Entrate ai contribuenti di correggere gli errori contabili nei quali siano incorsi i titolari di reddito d'impresa, vale (anche se l'Amministrazione non lo ha confermato e le istruzioni al quadro RS di Unico non lo prevedono) non solo per correggere gli errori sulla competenza dei costi e dei ricavi d'impresa, ma in tutti i casi in cui sia necessario “rettificare” precedenti dichiarazioni, indipendentemente dai termini di cui all'art. 2 co. 8-bis del DPR 322/98.
Il credito (o maggior credito) così scaturente dalla “dichiarazione integrativa” può essere utilizzato da qualsiasi contribuente in compensazione in base al principio di compensabilità del debito tributario.
Resta fermo che l'Amministrazione finanziaria potrà esercitare il proprio potere di accertamento per un tempo più lungo, corrispondente al periodo intercorso tra l'errore commesso e l'integrazione.